Pasqua aperto solo pomeriggio – Pasquetta aperto
Ingresso 5 euro, ingresso gratuito under 14.
La mostra.
Inizia con la mostra dedicata a Mario Schifano la stagione espositiva 2016 di Peschiera del Garda, dopo i traguardi raggiunti lo scorso anno con Andy Warhol e l’evento dedicato al Centenario della Grande Guerra.
Dal 20 marzo al 15 maggio 2016 la Palazzina Storica ospiterà oltre 30 opere dagli anni sessanta con l’obiettivo di rendere omaggio al grande genio dell’artista di Piazza del Popolo, ritenuto l’erede di Andy Warhol e unanimemente considerato “uno dei più importanti, trasgressivi e originali artisti italiani, nume tutelare della Pop Art italiana e uno dei pochissimi interpreti del moderno.
“La mostra si alternerà nei principali cicli tematici dell’artista, presentando Monocromi, Futurismi, Paesaggi anemici, Oasi, Gigli d’acqua fino ai Paesaggi Tv” afferma Matteo Vanzan di MV Eventi, curatore della mostra, “con l’obiettivo di analizzare non solo la sua opera, ma anche un’esistenza fatta di eccessi e follie. Il visitatore potrà immergersi all’interno di apparati formativi composti da testi critici, aneddoti e quant’altro possa offrire la giusta conoscenza delle tematiche trattate, implementando il percorso espositivo con alcuni dei principali compagni d’avventura di Mario Schifano, un gruppo denominato artisti di piazza del Popolo, come Tano Festa, Franco Angeli, Mimmo Rotella, Giosetta Fioroni, Concetto Pozzati e Gino Marotta”.
Mario Schifano, nato a Homs (Libia) nel 1934 e morto a Roma nel 1998, è “un uomo di trent’anni, di tipo sommariamente mediterraneo, se non arabo. In riposo il suo corpo, alto circa un metro e settanta, del peso di cinquantacinque chili, visto da angolazioni e distanze diverse, rivela anzitutto un languore felino, innocente ed attonito. Come un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto”; ha esposto in tutto il mondo, partecipa a 5 Biennali di Venezia, di cui una con una sala personale curata da Achille Bonito Oliva, è presente alla Quadriennale di Roma e nei principali Musei internazionali.
Considerato non solo il più grande pittore del nostro dopoguerra ma l’unico in grado di diventare personaggio autentico tra Dolce Vita e maledettismo di borgata, Mario Schifano ci ha fatto ben capire che fenomeni come lui non esistono più. Inutile andare a cercarli.
Esordisce nel 1959 alla Galleria Appia Antica con opere gestuali in cui si ravvisa quella sgocciolatura che lo contraddistinguerà per il resto della sua carriera. Nel 1962 parte per gli States entrando a diretto contatto con la Pop americana; alla Sidney Janis Gallery di Manhattan è tra i partecipanti alla mostra New Realist al fianco di Warhol, Rosenquit, Lichtenstein, Segal. In concomitanza con i risultati conseguiti oltreoceano, Schifano si rifà ai prodotti della cultura di massa impiegando smalti e vernici su carta da pacchi, adoperata quale richiamo al “billboard” americano.
Si può dire che, ad oggi, quell’iniziativa rimase un episodio isolato nella storia dell’arte degli ultimi 50 anni. All’epoca gli artisti italiani godevano di un successo pari a quello di quelli americani.
Poi, dopo la Biennale di Venezia del 1964, con il gran premio assegnato a Robert Rauschenberg, l’arte statunitense si imporrà sul mercato globale, influenzandone le scelte critiche.
A proposito delle opere di Schifano, Cesare Vivaldi sosterrà che “non si tratta di Pop-Art: per lo meno non si tratta solo di Pop-Art. Oltre alla condanna della civiltà di massa fatta coi mezzi stessi della civiltà di massa (com’è tipico della Pop-Art) Schifano mette nei suoi quadri qualcosa di più: la sua fame di pittura”.
Dal 1964 la sua attenzione attraversa una gamma di soggetti assai ampia, rendendo più complesso il proprio stile: nascono i Paesaggi anemici, immagini di un mondo naturale rielaborato sul filo della memoria, si interessa alla rivisitazione della storia dell’arte, dipinge quadri legati all’infanzia, inizia una breve ma intensa attività cinematografica che lo porterà a realizzare i lungometraggi Satellite, Umano non Umano (con un cammeo di Carmelo Bene), Trapianto, consunzione e morte di Francis Bacon.
Si dirà che “l’arma di Schifano è il régard, un occhio-obiettivo, una camera fotografica mentale” che, come nel mito di Mida, rende pittura tutto quello che tocca.
Oltre a includere i propri dipinti in colorati pannelli di perspex, Schifano realizza monotipi legati al tema dell’Albero in stretta analogia con quello delle Palme dei primi anni settanta; natura e realtà sono concepite dall’artista attraverso uno schermo artificiale, un filtro sensoriale che si avvale di foto-impressioni e fotomontaggi.
Gli anni Settanta sono gli anni delle tele emulsionate, recupera infatti le immagini televisive su cui interviene con colori alla nitro. Nel mentre sviluppa il tema dei d’après con rifacimenti da Michelangelo, Cézanne, Gaugin, Magritte, Boccioni, Carrà, De Chirico, culminando con lo “Schifano che rifà Schifano”.
Dopo un travagliato periodo di sconforto ideologico per la pittura, Schifano riacquista passione nei pennelli addentrandosi nei temi naturalistici che negli anni Ottanta porteranno alla serie dei Gigli d’acqua e dei Campi di grano.
Continua a lavorare a cicli tematici annoverando anno dopo anno gli Acerbi, la Casa sola, cuori e stelle, montagne, vulcani, dinosauri.
Alla fine degli anni Novanta il suo studio è completamente invaso da televisori.
Mario Schifano annota, fotografa. Scatta migliaia di fotografie allo schermo televisivo e le ritocca a mano.
“Perchè girare il mondo” afferma l’artista “quando è il mondo che può venire a casa tua?”.
Le opere di questi anni testimoniano il suo interesse per la scienza e per la tecnologia, la Stet gli commissiona di disegnare l’immagine integrata della società, Schifano coglie immediatamente le possibilità di Internet che, con il suo accesso illimitato, estende le possibilità espressive delle arti visive, la novità delle fibre ottiche che velocizzano la comunicazione, tanto da dedicargli un’opera che ne diventa il simbolo.
Nel 1994 è presente alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968, organizzata dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York e trasferita l’anno seguente alla Triennale di Milano e al Kunstmuseum Wolfsburg.
Nel 1997, in occasione del settimo centenario della edificazione di Santa Croce a Firenze, Schifano ottiene il Premio San Giorgio di Donatello per aver realizzato le vetrate policrome collocate nella cripta della Basilica. Nello stesso anno cura gli allestimenti scenografici del carnevale di Roma.